#IoRestoACasa, ma quando passa? L’isolamento socio-affettivo dei più piccoli

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I bambini in età prescolare oggi si trovano a fare i conti con un tempo stravolto, sono pieni di incertezze e di emozioni che faticano a comprendere e a digerire.

Dopo l’entusiasmo delle prime settimane, dettato dalla novità di poter stare a stretto contatto con la propria famiglia, oggi, gradualmente, si stanno facendo spazio in loro anche altre domande, altre emozioni e nuovi silenzi.

Nelle famiglie sembra aumentare l’insofferenza e la difficoltà a dare risposte.

Si percepisce nettamente che i piccoli non ci stanno più, mostrano apertamente quella frustrazione del vivere giorno dopo giorno rinchiusi e dell’imparare a comprendere che non sarà domani il giorno in cui “passerà”, non sarà domani il giorno in cui tornare alla normalità.

Privati della necessaria libertà di movimento, alcuni di loro mostrano chiari segnali di iper-attivazione, agitazione motoria, altri invece ripiegano su se stessi le loro energie e sembrano adattarsi, in una modalità che a volte sembra essere piuttosto manifestazione di rassegnazione, chiusura o paura.

Questi comportamenti, seppur spesso naturali reazioni dell’essere umano a un prolungato stress, quale quello che stiamo vivendo, suscitano nei genitori nuovi interrogativi e nuovi bisogni:

I bambini sapranno e sapremo noi tornare alla “normalità”? Saremo in grado di vivere nuovamente sentendoci sicuri, liberi, vicini, in contatto?”

I genitori, qui ed ora, si chiedono come possono essere presenti in termini emotivi e protettivi per i propri figli; non tutti hanno le risorse per riflettere e affrontare ciò.

Questo momento mette il genitore a stretto contatto con le emozioni dei bambini e con le proprie, vivendo prepotentemente un senso di responsabilità verso un “essere umano” in crescita, davanti a quelle che sono le sue funzioni di genitore, da adattare e coniugare ad un presente fatto di bisogni emergenti e sconosciuti.

Pensiamo ai bambini che ancora non sanno esprimersi verbalmente in maniera chiara e agli interrogativi che provano i genitori nel chiedersi come mettersi in ascolto e come accogliere manifestazioni comportamentali che sembrano spesso incomprensibili.

Come si può quindi oggi “proteggere” il proprio figlio da ciò che stiamo vivendo e da ciò che sentiamo?

Essere genitore in questa situazione mai sperimentata, ci mette in contatto profondo con il faticoso ed esclusivo ruolo di guida; la delega o la condivisione della responsabilità, mediante contesti come la scuola e le altre famiglie, vengono meno.

Ci lasciamo con una domanda aperta: riappropriarsi pienamente di questa funzione di contenimento, di supporto, di interpretazione dei bisogni dei piccoli potrà essere un’opportunità per i genitori?

Se volete raccontarci le vostre esperienze, le domande che stanno emergendo in voi e nei vostri bambini, i comportamenti che state osservando, potete usare questo spazio per renderlo un “cerchio” di condivisione e confronto.

 Roma, 10 Aprile 2020

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