Siamo tutti “un po’ naufraghi”: servizio di orientamento al lavoro per rifugiati

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Siamo due psicologhe e psicoterapeute. Lavoriamo come orientatrici presso lo Sportello Polifunzionale della Coop.Soc. Medihospes onlus, dedicato allo sviluppo di risorse educative e professionalizzanti per rifugiati accolti nel Progetto SIPROIMI di Roma Capitale, di cui la Coop. Medihospes è uno degli enti attuatori. Da quando siamo state travolte, come una barca in mezzo al mare, da questa singolare e drammatica esperienza, ci siamo interrogate sull’equipaggiamento e sugli strumenti che noi orientatori, ancora prima dei nostri beneficiari, avremmo dovuto acquisire per fronteggiare questa emergenza e non farci sorprendere impreparati nell’affrontare nuovamente il fuori.

Un fuori percepito come minaccioso, imprevedibile, che ci fa sentire, in fondo, tutti un po’ naufraghi.

E’ così che in preda alla preoccupazione, al disorientamento, alla confusione, allo sgomento e alla solitudine, costretti al distanziamento sociale, a rinunciare alla dimensione corporea, ci ritroviamo a vivere un tempo sospeso, ognuno rinchiuso nell’angusto spazio di un quadratino sulle varie piattaforme digitali e virtuali.

Navighiamo a vista verso un futuro incerto..

Ci sarà molto da imparare da questa esperienza e da chi, costretto a fuggire dai propri affetti e dal proprio paese, ha già sperimentato una condizione emotiva molto simile a questa. Come scrive il Dottor Bessel van del Kolk, direttore del Complex Trauma Treatment Network, nelle settimane di quarantena stiamo vivendo una condizione che potremmo definire “pre-traumatica” poichè “…coinvolge diversi aspetti centrali per la nostra vita: la sicurezza fisica e la malattia, le condizioni economiche e il costo psicologico del vivere rinchiusi in casa e separati dagli altri” (Bessel van der Kolk, Nutrire la nostra salute mentale durante la pandemia Covid19).

Abbiamo così provato a mettere a servizio della situazione attuale quello che in questi anni abbiamo imparato dalla cultura del trauma e dai ragazzi rifugiati sopravvissuti a traumi estremi, esempio di resilienza in carne e ossa.

Con il nostro gruppo di lavoro stiamo lavorando alla creazione di un ventaglio sempre più ampio di possibilità di orientamento e formazione in modalità e-learning anche al fine di creare una routine, degli appuntamenti, delle attività che permettano di tenere lo sguardo proiettato in avanti e di collocarsi in una cornice temporale definita e organizzata, in grado di consentire gradualmente un ritorno alla progettualità. Sappiamo che una delle caratteristiche principali dei processi di traumatizzazione è la perdita del senso del tempo, il non riuscire più a vedersi nel futuro, il sentire che la condizione e il dolore dureranno per sempre.

Ecco allora che tutti quegli angusti quadratini che compongono i meeting virtuali delle piattaforme digitali non sono più tanti piccoli gommoni lasciati alla deriva, ma diventano ancoraggi ad un “qui e ora” che ci permette di restare connessi ad una dimensione sociale e gruppale che sappiamo essere fondativa dell’indentità dell’essere umano. Rimanere in contatto, seppur da remoto, permette una connessione emotiva che sostiene, rimanda alla possibilità di esistere ed essere visti da qualcuno. In questo momento così singolare in cui tutti patiamo un’alterazione di coscienza: il tempo, lo spazio, il mondo esterno, la relazione subiscono un mutamento e come il naufrago può ritrovarsi alla deriva del mare, lo stesso può avvenire se si ci perde in solitudine alla ricerca di senso.

La Social Innovation che stiamo vivendo è sicuramente un elemento importante e siamo convinti che dall’unione di innovazione tecnologica e innovazione sociale possano fiorire esperienze in grado di ampliare il perimetro di intervento e di utenza tradizionali dei servizi. Nelle epidemie del passato o durante le grandi guerre non avremmo avuto questa possibilità ed è bene tenere a mente la grande risorsa che abbiamo.

Roma, 11 Maggio 2020

Dina Stancati, Claudia Milazzo

Coop. Soc. Medihospes onlus